lunedì 10 maggio 2010

I sogni in fumo del piccolo Luca

Luca è un adorabile bambino di cinque anni. Un angelo, con i suoi boccoli d’oro che fanno da cornice a due occhioni azzurri sempre spalancati, con curiosità ed entusiasmo, sulle novità del mondo che, giorno dopo giorno, va scoprendo. Con papà Christian condivide una passione, diversa nel sapore dell’ingenuità ma già grande per un pupattolo di quell’età: il calcio. E ieri papà Christian, con lo zio e l’amato cuginetto, ha deciso di fargli un regalo tutto particolare: portarlo allo stadio per vedere una partita di quella squadra, la Juventus, che nell’immaginario della sua fantasia rappresenta il sogno ricorrente.
Certo, la giornata plumbea di questo maggio novembrino non riporta a quelle belle scampagnate allegre che il mese delle rose solitamente concede, ma il sapore della festa, quella maglietta bianconera fieramente indossata e la gioia di vedere dal vivo il suo idolo, Alessandro Del Piero, non potevano essere minimamente adombrate dalle cupe nubi. Che gioia poi vedere Alex mostrare la linguaccia dopo il goal, un goal del suo idolo. Luca sorride felice: il suo sogno è perfetto e tutti i tasselli combaciano nella sua infinita fantasia. Poi, d’improvviso, quelle nubi minacciose si trasformano in un incubo: un goal di Lanzafame, il Parma che passeggia sull’amata squadra, e quegli scoppi che rimbombano nello stadio seminando la paura sugli inermi spettatori. Christian incrocia lo sguardo atterrito del figlio che non capisce, ma ha paura; gli occhioni azzurri si gonfiano di lacrime e non per il fumo di lacrimogeni o petardi, ma per il sogno che si infrange, per il terrore che lo attanaglia, per la voglia di fuggire da quella malefica prigione. Così, dopo meno di mezz’ora, il cuore di Luca si spegne: Christian afferra lui e il cuginetto e decide di andarsene, di riportarli a casa, di riparare all’errore che aveva involontariamente infranto la genuina esaltazione di un bambino. In macchina c’è silenzio: nemmeno quella radio, che raccontava le gesta dell’amata squadra, ha voglia di sintonizzarsi. Luca e il cuginetto singhiozzano silenti mentre Christian, imbufalito, si ripromette di non tornare mai più in quello stadio dove l’entusiasmo del suo piccolo è stato violentato da un ignobile branco di pseudo tifosi, i veri e unici padroni del calcio nostrano. Sarà difficile spiegare a Luca il perché di quegli insani gesti, di una partita giocata senza pubblico o del ricatto di una tifoseria che decide le sorti di un incontro; e se lo sport è gioia, partecipazione, festa collettiva, il calcio non è più degno di rappresentarlo. Rientrato a casa, Christian accende la televisione mentre Luca ha ancora negli occhi le immagini della violenza e della stupidità di chi ha trasformato una festa in una guerriglia: c’è Cuneo sul podio, i suoi tifosi che, mescolandosi ai giocatori e agli avversari, gridano che il cielo è sempre più blu. Luca li guarda, sorride nuovamente e a Christian chiede: “Papà, perché non siamo andati lì?”.

2 commenti:

  1. di questi tempi è meglio che i bambini stiano a casa.

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  2. Di questi tempi sarebbe meglio ripulire gli stadi e permettere alle famiglie di andarci, Anche se non sbraitano ed insultano l'avversario.

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