lunedì 3 maggio 2010

Il solito biscotto

“Meglio prenderle in campo che fuori” avranno pensato ieri sera i giocatori della Lazio visto il clima ostile che si respirava sulle tribune amiche dell’Olimpico. Niente coltello fra i denti, allora, contro la capolista Inter lanciata verso un trittico da leggenda del calcio, mai riuscito prima a nessuno, e che non poteva essere certo messo in discussione dagli Aquilotti romani.

In tempi non sospetti il match non sarebbe neanche stato quotato: troppo forte la compagine nerazzurra per una squadra rimasta sul baratro della retrocessione per tutta la stagione il cui impeto d’orgoglio difficilmente avrebbe potuto rappresentare un ostacolo insormontabile per le truppe di Mourinho. Svanisce così , tra polemiche ed indignazioni, il sogno romanista di un nuovo 5 maggio; ma non svaniscono, in questo calcio balneare di fine stagione, i troppi dubbi, figli di una dietrologia pesantemente confermata dai fatti di Calciopoli e dalla necessità di trovare modifiche al sistema che tali dubbi possono fugare. Risultati scontati, giocatori già in crociera, impegno e goal strani che popolano solitamente le ultime giornate dell’italico campionato: cosa si aspetta a cambiare la formula dell’epilogo ? Giocatori impacciati che scivolano in area, difese che si aprono come le acque di fronte all’avanzata del Mosè di turno, barriere spinte via a forza con portieri, fino al giorno prima insuperabili, che raccolgono più papere che palloni. Se a questo si aggiungono strani comportamenti arbitrali (vedi Bergamo) e tifosi che, incredibilmente, tifano contro la loro squadra, si delinea un quadro surreale che poco ha a che vedere con la sportività e con la buona fede di chi, la domenica, spreca 80 euro per assistere allo scempio. E’ sempre il solito, vecchio film, e non poteva essere altrimenti: così nessuno oserà fermare l’Inter o penserà di dirimere la diatriba tra Sampdoria e Palermo per il quarto posto; e tantomeno, se non per scontri diretti, si penserà di mettere il bastone tra le ruote a questa o quella squadra invischiata nella lotta per la salvezza. E non basteranno le levate di scudi, le indignazioni di presidenti ed addetti ai lavori che hanno fatto ieri ciò di cui oggi accusano i rivali: questo è il calcio, che piaccia o no, un calcio agonizzante che solo la miopia dei suoi vertici (o gli interessi?) continua a non vedere malato.

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