domenica 2 maggio 2010

Lavoratori

“Lavoratori ! Lavoratori della malta ! Prr”. Nessuno potrà mai dimenticare l’insano e deprecabile gesto del vitellone Alberto, sprezzante nei confronti del lavoro e dei suoi adepti e che suona così attuale in questa giornata post Primo Maggio, post festa dei Lavoratori. Una festa intrisa di tristezza pensando alla Penisola dei Cassintegrati, alle tante aziende con i lucchetti ai cancelli, ad una crisi che giorno dopo giorno corrode riserve economiche e speranze di chi, un lavoro, non ce l’ha più.

Parole e miliardi, fiumi di promesse che sembrano non trovare una connotazione reale in un Paese martoriato da difficoltà che in tanti cercano di celare agli occhi del popolo italico, ma che rimbombano forte come un mal di testa che non passa mai. E così, il vitellone Alberto non sembra oggi essere solo, ma il simbolo di una fetta d’Italia che finge di abitare in un altro mondo, dove anche se solo gli occhi fuoriescono dalle sabbie mobili, devi sorridere come un beota ottimista. E allora, in un fantomatico gioco, immaginiamo che sia il Cipputi di Altan che, nel giorno della sua festa, decida di dedicare il gesto dell’ombrello a quel mondo che lo ha messo fuori gioco. Ed ecco il Cipputi di Sinistra salutare il Cavaliere Errante, simbolo di un governo che pare essere lontano dai frastuoni di questa festa e troppo concentrato su altre beghe per preoccuparsi dei suoi problemi di cassintegrato: tra liti da cortile, ministri sott’accusa, disegni di legge discutibili e federalismo proposto a piè sospinto come il prezzemolo, ci si dimentica di intervenire in soccorso di chi non ha un lavoro ed è costretto a vivere in condizioni economiche impossibili. Certo, ci diranno degli ammortizzatori sociali: ma questi finiranno, e il lavoro ancora non ci sarà. Sul tetto di una fabbrica di Termini Imerese, ecco invece ergersi un Cipputi con la coppola, che in tal modo si rivolge a Marchionne e all’impero Fiat. Lui, dei miliardi che l’azienda torinese investirà, non vedrà nemmeno le briciole e nell’attesa di essere spolpato come le succulenti arance di quella terra da una qualche società straniera, aspetta alla finestra per capire quale sarà la merce di scambio per quella pioggia di miliardi promessi. Un altro Cipputi, invece, sta facendo in mille pezzetti la sua storica tessera sindacale: protesta contro chi appare unito solo nei concerti e mai, invece, quando si tratta di difendere il futuro dei tanti italici lavoratori. Le parole, ormai, non gli bastano più e i fatti stanno invece a dimostrare come il tempo ne abbia annebbiato il potere contrattuale, mettendo a repentaglio anche le storiche conquiste ottenute col sangue dai padri fondatori. Ma le voci di migliaia, milioni di piccoli Cipputi risuonano in un unico grido attraversando l’intero Stivale: sono tutti quelli messi alla porta da Manager e padroncini che hanno deciso di affrontare la crisi tagliando le teste di chi, fino a quel momento, li aveva serviti con umiltà e serietà; e se non basta neanche più calpestare la propria dignità per mantenere un posto di lavoro, allora significa che il nostro sistema è alla frutta. E quel Cipputi solitario ai margini del bosco? Lui saluta gli ex amici del Centro Sinistra, quelli che per anni ha votato ma che ha deciso di abbandonare perché rei, a suo dire, di aver tradito l’essenza del loro esistere: quello di essere al fianco di una classe sociale che ormai pare abbandonata da tutto e tutti. E’ stato un gioco, e domani Cipputi tornerà a cercare un lavoro o a piegare la schiena per il suo padrone: ma che gioia, almeno il 1° maggio, averli potuto mandare tutti a quel paese.

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