lunedì 6 febbraio 2017

Almeno l'Italiano... Sallo

Il nostro futuro è davvero così triste e buio ? Lo stiamo lasciando in eredità ad una fiumana di ignoranti che trasformano un verbo in una preposizione semplice e spargono a caso accenti ed apostrofi senza un minimo di logica ? A leggere l'accorato appello dei seicento professori universitari parrebbe proprio di si.
I giovani d'oggi non conoscono l'Italiano. All'università errori che manco in terza elementare si vedevano ai loro tempi e un livello di cultura che è passata dagli aulici sonetti leopardiani alla misera realtà dei messaggini da Whatsapp.
C'è da stupirsi di tutto questo ? Sinceramente no, perchè in un tessuto sociale come quello della nostra amata penisola, dove l'ignoranza è uno strumento di controllo delle masse, non poteva la nostra lingua non finire nel calderone delle cose inutili e desuete, surrogata dalla frenesia di una comunicazione che deve arrivare rapidamente anche a discapito della forma medesima.
Ma è solo un problema di giovani universitari barbari e incolti che destabilizzano i neuroni dei magnifici seicento, oppure ci sono altre reali motivazioni che quella lettera potrebbe indurre a considerare ?
Non hanno forse responsabilità indiretta quei docenti, costretti spesso a promuovere per non perdere la cattedra (meno studenti = meno posti) e che dunque non attuano quella selezione qualitativa che dovrebbe permettere solo ai più bravi e meritevoli di emergere ?
E sono forse solo loro che sui social o altri mezzi di comunicazione feriscono mortalmente ora un congiuntivo, ora un verbo, ora un apostrofo che non viene solo inopinatamente posto tra le parole ti amo, ma spesso soppresso laddove rivendica disperatamente la sua presenza ?
Bisognerebbe fermarsi un attimo, e pensare che il passato che abbiamo cercato in tutti i modi di seppellire diversi valori li portava con se.
C'era una televisione, dei Rispoli e dei Vianello, dove lo sproloquio veniva pesantemente censurato, dove non volavano “cazzi” e “merde” come le rondini a primavera, dove i talk show si basavano su concetti e non sul “vince chi urla ed insulta di più”.
C'erano politici che ti ammaliavano con le loro parole e anche se non ne condividevi i contenuti e le idee li stavi a sentire perchè scattava la scintilla del pensiero e della riflessione e non l'odio o il disgusto che ti spingono troppo spesso a cambiar canale (anche se poi dall'altra parte spunta il "tronista" di turno o il famoso isolano che ti impone di spegnere e dedicarti ad altre faccende).
E la scuola... già la scuola, quello strano universo che potevi interrompere a quattordici anni perchè esisteva un mondo del lavoro che forse non ti dava i congiuntivi corretti, ma un mestiere per vivere quello si. Certo, con le mani sporche di grasso non saresti mai diventato un Manzoni o un Montale, ma potevi essere il Manzoni dei fabbri o il Montale dei lattonieri perchè la capacità manuale si sposava con quel genio creativo che a volta la scuola non era in grado di far emergere.
E poi i social, quel mondo virtuale di cinguettii e “belinate” dove anche un cretino come il sottoscritto rischia di avere una visibilità superiore ai meriti e dove l'ignoranza sta trovando la sua definitiva consacrazione.
Giornali, libri, e anche musica trasudavano cultura: ma se oggi dobbiamo accontentarci del rapper talentuoso al posto di De Andrè, di un libro della presunta stellina di turno al posto di Ungaretti o di quattro pagine di gossip invece dello scritto di un Montanelli, perchè allora attaccare i giovani quando il vero problema siamo noi che tutto questo lo abbiamo perduto ?


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