lunedì 22 marzo 2010

Marassi, vent'anni dopo...

Era il 17 febbraio del 1991 quando la Juventus, perdendo con un goal di Vialli a Marassi in un contestatissimo match, scese dal treno scudetto (era seconda ad 1 punto dai blucerchiati e dall'Inter) e finì mestamente fuori da tutto, coppe comprese, obbligando la dirigenza ad una repentino e doloroso cambio di tendenza. Allora c'era Montezemolo, reduce dai fasti mondiali, e Gigione Maifredi, il cui ricordo ancora oggi suscita in molti tifosi bianconeri (ma non nel sottoscritto) un profondo senso di disgusto.

A dire il vero il duo era già stato ampiamente ripudiato prima di quel match, con le insistenti voci di un ritorno di fiamma di Boniperti e Trapattoni, pur in presenza di una classifica accettabile (un punto dalla vetta è una chimera che da anni non viviamo) e di una Coppa delle Coppe che sarebbe sfuggita, in semifinale, di fronte al Barcellona. Marassi è tornato ieri sera, con l'europapera di Chimenti, in tutto il suo fulgore alla ribalta dei tristi presagi bianconeri la cui ricostruzione, societaria e tecnica, pare così lontana da far cadere tutti gli appassionati della Vecchia Signora nell'oblìo più profondo. Tristi analogie fanno temere il più classico dei dejà vù: allora come oggi ci fu una campagna acquisti faraonica (arrivò tra gli altri il divino Baggio), e promesse che il campo smentì con irrisoria facilità. Oggi però non c'è neanche più una misera coppetta a cui aggrappare le flebili speranze e il quarto posto, ultima fermata d'arrivo, sembra irraggiungibile visto che con le dirette concorrenti a quella piazza si è recentemente perso e l'unico brodino è stata la vittoria a Firenze. Ricostruire non sarà così facile, perchè tanti e troppi sono i problemi che attanagliano la grande malata del calcio nostrano: infortuni a catena (a cui si associano sospetti che vogliamo allontanare dalla nostra mente), presunti campioni sul viale del tramonto (Cannavaro e Grosso) o improvvisamente incapaci di confermare le attese che li avevano accompagnati (Diego, Melo ed Amauri), giovani che non crescono (Marchisio a parte) e pseudo giocatori latitanti da troppo tempo (ci scuserà Zebina, ma ci riferiamo proprio a lui). Le uniche certezze paiono essere Buffon, Chiellini e Del Piero, ma a 35 anni non si può costruire su di lui il futuro. Attoniti e confusi, restiamo in attesa di programmi seri, anche ridimensionati, ma che guardino al futuro di una gloriosa società che, e mi si scusi per questo paragone, in John Elkann non ha Gianni Agnelli, in Blanc Boniperti, in Secco Moggi o Allodi e soprattutto non ci saranno incentivi statali a farla uscire dal nero torpore.

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