lunedì 26 aprile 2010

Roma Kaputt Mundi

20 aprile 1986, 25 aprile 2010: due date che, nella mente e nei cuori dei tifosi romanisti rischiano di rappresentare momenti bui della loro storia calcistica. “Era l’anno dei mondiali, quelli dell’86” quando la Roma di Eriksson, raggiunta la Juventus dopo una straordinaria rimonta, crollò inaspettatamente in casa, a 2 giornate dalla fine, contro l'ormai retrocesso Lecce.



Ciccio Graziani fece garrire al vento i vessilli giallorossi; però nessuno aveva fatto i conti con il carneade Barbas che, dopo il pareggio di Di Chiara, sfoderò la sua doppietta che rese vana la prodezza finale del bomber Pruzzo. Alla Juve lo scudetto; alla Roma lacrime e rimpianti. Passano 24 anni, un'eternità, ma la storia sembra ripetersi: illude il goal di Totti, illudono le fughe di uno scatenato Vucinic perchè la Sampdoria rimane lì, stordita ma non schiacciata, fino a quando i suoi gioielli salgono sul palco ed intonano l'inno della vittoria. Splende Cassano, fischiato da un pubblico che così tanto lo aveva amato; brilla Pazzini, il nuovo Inzaghi del calcio italiano. Finisce 2-1 per i blucerchiati, con le lacrime amare di Mexes e le rimostranze di Sora Rossella a suggellare forse la fine di un sogno. Rimane ancora una flebile speranza legata agli odiati cugini laziali e ad un maggio romano che l'Inter ancora oggi fatica a digerire, ma il più sembra scritto, con un grazie di cuore alla splendida compagine giallorossa capace comunque di dar vigore ad una tenzone che pareva morta e sepolta sotto le ceneri dello strapotere nerazzurro. E brava la Sampdoria, che consuma la vendetta di Del Neri, riproponendo virtuosismi e agonismo troppo a lungo sopiti dopo lo scoppiettante avvio di campionato. Un manipolo di giovani pronto ad invadere il campionato: dai talentuosi Guberti e Poli, ai dinamici Palombo e Mannini, figli di una terra ancora in grado di sfornare ottimi giocatori. Su tutti però, attenti a quei due, quella strana coppia che solo una malcelata miopia potrebbe tener lontano dalla campagna sudafricana dove il loro talento risulterà necessario per difendere l’ormai sbiadito alloro mondiale. Tutto finito allora ? Parrebbe di si, sia in testa che in coda, anche se nemmeno un redivivo Muzio Scevola oserebbe, sulla pagina conclusiva di questo pazzo campionato, metterci la mano sul fuoco.

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