giovedì 20 maggio 2010

La notte delle matite spezzate

La notte non sempre porta consigli. Spesso, nascosti dalle tenebre incalzanti, terribili efferatezze squarciano il silenzio e la quiete perdendosi nel vento e nell'indifferenza dell'umana gente. Mani e coltelli ancora intrisi del sangue innocente di una vittima da sacrificare alla propria follia prima di lasciare l'inerme corpo che domani verrà rimosso e rimpiazzato dai fiori della memoria.

E' nella notte che il ferale sacrificio si anima e la vittima, imbavagliata e legata all'altare, non può sfuggire al suo triste destino. Così, nella notte capitolina, sull'ara di un falso dio chiamato riserbo, il Bruto di romana memoria ha sferrato i suoi colpi mortali contro la condizione principe dell'uomo: la libertà. Scendono quelle tenebre che ne hanno intonato il funebre canto sulla nostra storia, sulla nostra stessa vita, sulla speranza di veder estirpato il male e trionfare la giustizia. Si chiama DDL l'omicida, quello che restringe e rallenta il campo d'azione di chi quella giustizia dovrebbe far trionfare, che impedisce ai narratori di svelarne al mondo i segreti e le infamie, pena l'inferno, pena l'eterna punizione. Certo, non tutti passeranno nelle sue forche caudine: ridono di gusto i vassalli del potere che all'insana allegria di chi trasforma la tragedia di un popolo in vile denaro da raccogliere antepongono le soavi terga della starlette di turno o irrorano del loro mascellone mistificanti teatrini al plasma; e salvi sono pure i re dell'audience che potranno continuare a sollevare l'indice contro truffatori di bassa lega e venditrici di alghe. Tutto sapremo delle moderne Maghe Circe, ma nulla dei giochi di potere, degli affari sporchi, dell'italica corruzione e di quella criminalità organizzata di cui non si deve, non si può parlare. Saremo informati solo alla fine, quando le udienze preliminari ci permetteranno di leggere cosa, nel tempo passato, è successo: intanto i buoi saranno già scappati, le prescrizioni piovute in soccorso, lo Stivale sprofondato nel baratro del Terzo Mondo dell'indecenza.

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