mercoledì 12 maggio 2010

La riabilitazione di Benedetto XVI

"Scrivo in atto di obbedienza a voi mio Dio, che me lo comandate per mezzo di sua Eccellenza Reverendissima il signor Vescovo di Leiria e della Vostra e Mia Santissima Madre. Dopo le due parti che ho già esposto, abbiamo visto a lato sinistro di nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembra dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l'Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza.


E vedemmo in una luce immensa che è Dio: 'Qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti' un Vescovo vestito di Bianco 'abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre'. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire su una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregare per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi d'arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un innaffiatorio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio".





Così recitava il messaggio della Madonna di Fatima del 13 luglio 1917 riportato nella lettera di suor Lucia. Rivelato da Papa Giovanni Paolo II, che in esso vide l’immagine del suo attentato, è stato ora reinterpretato da Benedetto XVI che tra le righe legge «in modo realmente terrificante» che «la più grande persecuzione non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa». Un atto d’accusa pesante ma significativo, ove “il perdono non sostituisce la giustizia”; un gesto morale dovuto e che stride con gli ignobili silenzi e il ferreo scudo protettore innalzato da molti suoi collaboratori. Non parla di campagna di stampa amorale, o di media che si scagliano contro la Chiesa: parla del male perpetrato contro vittime innocenti da abominevoli personaggi nascosti, e protetti, dall’abito talare, per i quali la giustizia non può essere solo divina. Parla di crimini, di aberrazioni, di bambini violentati nella loro innocenza e del silenzio, del muro di gomma innalzato dalla Chiesa stessa a protezione dei loro devastanti crimini. Le parole del Papa rappresentano un significativo passo avanti: già l’aver ammesso l’esistenza di questi atti delittuosi contribuisce, in parte, a riabilitare una Chiesa chiamata a proteggere e non a dilaniare le pecorelle smarrite, ma è necessario ora rifondare la credibilità perduta consegnando alla giustizia chi di quelle violenze è stato l’artefice: lo chiedono i tanti onesti preti che esistono ancora, quel Dio troppo spesso indicato come unico Giudice, e soprattutto le tante, troppe vittime di quei carnefici e di quel silenzio.

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