giovedì 27 maggio 2010

Le Ore Sotterranee

Mathilde e Thibault hanno deciso: “Arriva un momento in cui la posta in gioco è troppo alta. Supera le risorse a disposizione. In cui bisogna uscire dal gioco e accettare di avere perso. Arriva un momento in cui non ci si può umiliare ulteriormente”. Eccolo il momento tanto atteso: niente più sottili violenze psicologiche e mobbing per lei, niente più struggimenti del cuore per un amore grande mai corrisposto per lui.
Protagonisti dell’ultima fatica letteraria di Delphine De Vigan, Mathilde e Thibault vivono la loro normale vita a Parigi, ma potrebbero chiamarsi Antonia, Elena, Filippo e, perché no, Alessandro. Del libro “Le ore sotterranee” (Mondadori) colpisce particolarmente la storia di lei, una vita come tante fatte di continue guerre con il tram per arrivare puntuale ad un posto di lavoro, dove il sottile e spietato gioco psicologico del superiore e l’atavica indifferenza di colleghi e pseudo amici, più inclini al “Mors tua vita mea” che a tendere la mano al bisognoso, dipingono un quadro efficace e realistico di quello che oggi è, in tanta parte, l’ambiente di lavoro. Ci sono le piccole umiliazioni quotidiane del capo che spesso non ti degna di un saluto, oppure non ti informa sulle novità importanti per lo svolgimento delle tue funzioni (le brutte notizie no, quelle arrivano via e-mail anche se gli sei seduto accanto). Molto spesso non da soluzione ai tuoi quesiti lasciandoti nel dubbio se fare o non fare (e comunque tu faccia, sarai sempre dalla parte del torto), oppure farcisce le sue vuote giornate con meschine battute fatte alle spalle per ridere di te, legittimando così anche gli altri a fare lo stesso; e, non ultimo, riempie schedine con deprecabili giudizi lasciati alla mercè di tutti fuorchè del diretto interessato. E’ un libro intriso di drammatica verità e di solitudine, di un continuo stillicidio della propria dignità solo perché non simboleggi la pecora che vorrebbero tu fossi, lasciandoti nell’indifferenza di un mondo che, salvata la propria pelle, non può e non vuole preoccuparsi anche dell’altro, soprattutto se questo potrebbe causar loro futuri problemi con i divini vertici. E’ però anche un libro di speranza, di forza che i suoi protagonisti trovano, ormai allo stremo delle proprie energie, per liberarsi dei guardiani della loro prigione e spalancare il cuore al dono più importante che ci sia stato concesso: la vita. E' un'opera che, nel mio piccolo, consiglio a tutti di leggere: a chi subisce o ha subito violenze del genere; a chi tali violenze continua a perpetrare nel divino nome di un ruolo che è tale solo in specifici ambiti; a tutti quelli che, guardando il cappio al collo del vicino di scrivania, tirano un sospiro di sollievo pensando che in fondo quello non è il loro di collo; e a chi, ancora oggi, non riesce a darsi un perchè di certe coraggiose scelte di vita.

1 commento:

  1. Lo voglio leggere, anche se so già che mi farà soffrire. Ma se in un libro non ti immergi, non ti immedesimi e non partecipi, non ti lascia niente dentro.... Dopo la lettura tornerò a commentare le mie sensazioni! Grazie della recensione

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