martedì 23 marzo 2010

Il Vademecum del ragionier Fantozzi

Dipendenti di tutto il mondo, unitevi !! Finalmente è arrivato dagli Stati Uniti l’aiuto che aspettavamo sotto forma di Vademecum comportamentale, ovvero cosa non dobbiamo dire al nostro capo per non farlo irritare. Pare che nella terra di Abramo Lincoln si stia sviluppando una stirpe di manager e responsabili dediti allo schiavismo più becero nei confronti dei sottoposti con tanto di crocifissione in sala mensa e minacce di licenziamento in caso non si eseguano per filo e per segno i dettami del superiore.

Tranquilla però, italica gente: secondo gli esperti, da noi, non si porrebbe il problema in quanto “I nostri dirigenti sono più tolleranti e più intelligenti” e la possibile ribellione del suddito è considerata “segno di anticonformismo e capacità critica. Chi la valorizza se ne avvantaggia”. Pronti allora con carta, penna e calamaio a raccogliere le preziose perle di saggezza ?

La prima: al vostro capo non dovete dire “dovrei parlarle” ma “Ho davvero bisogno di parlare con lei”. La determinazione del vostro agire lo convincerà della serietà del momento ed eviterete così di passare due anni senza mai ricevere risposta alcuna.

“Non serve che nessuno mi insegni”: è sinonimo di rottura e di sfiducia nelle competenze superiori e quindi accettate di buon grado tutti i suoi insegnamenti, anche quando sfarfalla.

“Non capisco”: spiegate sempre che cosa non avete capito perchè siete voi che non avete capito e non il vostro capo che si è spiegato male.
“Posso fare solo una cosa alla volta”: rappresenta il punto di non ritorno. Se il vostro capo vi da tante cose da fare, è perchè sa bene che le potrete svolgere alla perfezione e state solo cercando degli alibi.
“Non è un mio problema”: questo è il campanello d’allarme, l’autentica provocazione nei confronti del superiore. E’ sempre un vostro problema, soprattutto se lo è per chi vi sta sopra e ve ne dovete far carico anche se non c’entrate nulla.
“Non è colpa mia”: i capi non cercano mai il colpevole, quindi perchè discolparsi anche se siete estranei alla cosa ? Al contrario, fatevi carico del tutto e chi di dovere vi ricompenserà.
“Non sono uno schiavo”: qui pare dipenda dal luogo di lavoro, ma certe reazioni, in specifici ambienti (ma quali??) hanno addirittura una valenza positiva e collaborativa per il boss. L’invito è a scovare questi ambienti.
“Io ho anche una famiglia”: disprezzata negli States, apprezzatissima, a detta degli esperti, in Italia. La famiglia è sacra, vietato toccarla: tant’è che a volte, per difendere tale sacralità, il capo viene incontro al suo sottoposto che adduce come scusante ad un trasferimento in terre lontane il vincolo della famiglia. Come ? Semplice: lo lascia a casa vicino alla sua famiglia !!

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