domenica 30 maggio 2010

2016 l'anno della Francia

Dai ragazzi, non prendiamocela, andrà meglio la prossima volta. Forse per il 2020, o il 2024, riusciremo a prendere per sfinimento questi burberi soloni dell’Uefa e magari a sbaragliare grandi avversari come le Far Oer o Malta, sempreché non siano in grado di costruire 4 stadi in croce e di mettere a repentaglio la nostra candidatura. Per il 2016 dovremo tornare in Francia, a casa di le Roi Michel Platini, e dovremo qualificarci con il sudore della nostra fronte.

Certo, anche la balbettante Turchia ci ha sbeffeggiato: terzi su tre, ancora una volta battuti dopo le sberle ricevute dalla strana coppia Polonia-Ucraina, Europei 2012. Almeno però, stavolta, avremo un capro espiatorio contro cui scaricare la nostra ira: eh si, perché Michel il traditore, Michel divenuto Le Roi proprio sui nostri campi questa non ce la doveva fare. Noi siamo l’Italia: i campioni del Mondo (ancora per meno di un mese a meno di clamorose riconferme), i Campioni d’Europa per club, il calcio più bello del mondo. Come potevamo perdere contro gli insipidi galletti d'oltralpe e l’improponibile candidatura turca ? Tranquilli, abbiamo perso e la sconfitta non appare così assurda. Si poteva affidare l’organizzazione di una manifestazione così importante ad un Paese dove cricche e loschi affari sembrano essere il comune denominatore dell’italica vita politica ? E quale immagine può avere all’estero il nostro calcio, ancora attraversato dalle vicende di Calciopoli e, dopo quattro anni, lontano dal conoscerne le verità ? E che dire delle tessere del tifoso, di nazionali che vorrebbero tesserare i poliziotti, delle guerriglie pre e post partita tra le tifoserie, delle bombe carta e degli agguati ai giocatori, degli Ultras che obbligano i loro eroi a cedere il passo all’avversario incidendo così sulla storia di un campionato. Siamo campioni del mondo, ma quella coppa è così intrisa di tristezza nel vedere un gioco trasformato in business, dove società stranamente salvate dalla bancarotta si aggrappano ai miliardi della televisione per poter sopravvivere, dove le polemiche dell’odio hanno più spazio della magia di una sontuosa giocata o della poesia di un gesto tecnico. Non prendiamocela con Michel, ma solo con noi stessi: abbiamo creato un mostro, gli abbiamo dato una forma sferica, e lo abbiamo chiamato calcio, svuotandolo però completamente del suo intrinseco valore, quel valore che, solo recuperandolo, ci permetterà di riacquisire credibilità al mondo e di non essere considerati, a livello internazionale, lo zimbello del mondo. Per il momento Chapeau Francia, e buon 2016.

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