domenica 27 febbraio 2011

La Vecchia e il Saggio

Un saggio tifoso juventino ieri sera, di fronte all’ennesimo scempio calcistico perpetrato ai danni dell’amata Vecchia Signora, potrebbe essere stato assalito da un dubbio atroce: possibile che tutta la storia della Juventus sia stata costruita su aiuti arbitrali e manfrine da corridoi di palazzo ? 27 (o 29 che dir si voglia) scudetti, epici duelli al vertice determinati solo da un rigore dubbio o da un’ammonizione mirata ? A riguardare l’aureo albo della storia, non si spiega però come mai alla Juventus siano transitati tanti grandi giocatori che con i soli nomi giustificano i tanti successi conseguiti.

Avevano bisogno di aiuti arbitrali Gentile e Cabrini, Zoff e Scirea, Tardelli e Benetti, Platini e Boniek ? E i Paolo Rossi, Baggio, Vialli, Zidane, Conte ? Si ferma a questi la memoria del saggio tifoso, per non andar più indietro a sviscerare nomi che nella storia del calcio rappresentano un punto fermo, un planetario di stelle indiscusse ed indiscutibili.
E se il viaggio del pensiero lì si blocca, è solo per non cadere nel vittimismo e nel baratro del ridicolo che è tipico di altre tifoserie e non di quella di una (ormai) ex grande squadra. Certo, il confronto è impietoso: se guarda ai nomi che lo speaker ora snocciola all’Olimpico, c’è da rabbrividire confrontando il presente con il passato: avrebbero mai infatti trovato posto mediocri personaggi come Grygera, Martinez, Storari e Bonucci ? E un tempo Di Vaio, l’ex Di Vaio vituperato nel nome di un’incompatibilità tattica con altri giocatori bianconeri, avrebbe maramaldeggiato in area come lo Stenmark degli anni d’oro ?
La risposta, forse, è più semplice di quanto si creda: quest’ Armata Brancaleone non può essere spacciata per una squadra competitiva e vincente. Difensori che vagano al limite dell’area come le ballerine di Degas, centrocampisti incapaci di infilare tre passaggi di seguito senza cedere la palla all’avversario, attaccanti che vedono la porta solo se col naso ci sbattono dentro cercando di raccogliere lanci alla “Viva il Parroco”: mio dio, che disastro.
Se poi ci mettiamo la totale insipienza di un Mister più adatto a squadre costrette sulla difensiva per strappare un risicato pareggio (uno straccio di gioco non si riesce nemmeno ad immaginarlo) e uno staff societario che investe quanto è il costo di un Ibrahimovic per comprare Felipe Melo e Martinez, allora lo scenario al vecchio e saggio tifoso juventino si apre, come il rosso tendone di un teatro, nel quale va in scena l’inattesa e lenta distruzione della squadra più amata e nel contempo odiata d’Italia: quella Vecchia Signora derisa settimanalmente da barbariche orde il cui solo pensiero d’affrontarla, un tempo, avrebbe fatto loro tremar gambe e idee.
Un tempo appunto, ma purtroppo ora non più.

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