domenica 6 marzo 2011

La Solitudine del Tifoso Bianconero

La solitudine del tifoso bianconero è quella che ti prende quando ti siedi sul tuo seggiolino numerato, in una fresca serata di inizio marzo, e vivi di sole speranze. Un tempo sarebbe stata una settimana di trepidazione, un continuo discutere con gli amici di fede sulle prospettive di un match che poteva valere un’intera stagione e proiettare i tuoi sogni verso una nuova festa, una nuova gloria.



Oggi speri soltanto di non assistere al solito avvilente spettacolo, ma è una speranza che dura meno di cinque minuti, perché basta un così breve lasso di tempo per farti capire che sarà la solita, stridente musica.

Da una parte una squadra, il Milan, che non da mai la sensazione di forzare, che aspetta l’errore che prima o poi verrà; dall’altra una Juventus che mette in campo un assaggio di grinta, il minimo sindacale per giustificare la presenza in campo e nulla più. Per parlare di calcio, prego, accomodarsi da un’altra parte, se per calcio intendiamo un gioco, uno schema, una prelibatezza da farti luccicare gli occhi e, soprattutto, uno straccio di tiro in porta.

Nulla di tutto questo, nulla che giustifichi la tua presenza in uno stadio più freddo del freddo di questi giorni; una cattedrale che, da tempo, nessuno sa più riscaldare. Si barcamenano in campo i presunti eroi, tra un Chiellini volenteroso che spara alle stelle, un Martinez che fa rimpiangere i vent’anni passati dell’anziano signore seduto al tuo fianco (“potrei giocare io a settant’anni al posto suo e fare meglio” è il suo laconico commento) e un Cassano che, svogliato, trascina la sua pochezza nell’impoverimento tecnico di uno sport che rimane grande solo tra le nostre italiche mura.

Scorre il tempo, ma nulla cambia, se non la certezza che, prima o poi, il Diavolo passerà: che poi tocchi ad una ciabattata dell’amico di Joe Jordan svirgolata verso il dormiente Buffon, poco conta: sapevi che, purtroppo, sarebbe finita così.

Ti chiedi perché la bandiera Alex debba marcire in panchina sino a tredici minuti dalla fine: in uno spettacolo così deprimente, forse, avrebbe potuto regalare un lampo di luce. E ti chiedi chi abbia pensato ad arruolare i Toni, Martinez (ma davvero è lui o una sterile controfigura del giocatore apprezzato a Catania ?) o il Krasic persosi dopo le folgoranti giocate di inizio stagione.

Qualcuno urla il nome di Amauri (ha segnato più goal in due partite a Parma che in due anni a Torino) e rimpiange l’indimenticato Trezeguet; altri rievocano fantasmi (Moggi e Lippi) il cui solo pensiero da più brividi dell’improvvisa folata di vento che colpisce l’affranto volto.

Si spengono così le luci su quest’ultimo spettacolo: c’è chi contesta, chi preferisce il silenzio, chi nasconde lacrimanti pensieri in una sciarpa su cui riecheggia un luminoso passato: un passato, appunto, quello che pesa come un macigno sul deprimente presente bianconero.

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