mercoledì 2 marzo 2011

My Name is Bondi

Il suo nome è Bondi, Sandro Bondi. Da non confondere con Bindi, anche se politicamente sono stati più vicini di quanto si creda. Il Ministro dall’ E-pistola facile ha colpito ancora, dopo aver riempito di lettere i giornali dell’intera Penisola prima verso il Presidente della Repubblica, poi verso gli ex compagni della Sinistra, poi ancora a piangere contro i tagli alla cultura di Tremonti.


Il suo ultimo capolavoro, degno di uno Jacopo Ortis, lo spiattella al Giornale, quotidiano di Famiglia, ed è una lettera strappalacrime di un uomo solo, abbandonato da tutto e da tutti, scarsamente considerato dai suoi commilitoni (del resto è il Ministro della Cultura) e duramente attaccato dagli ex amici rossi dopo i disastri di Pompei.



Un senso di abbandono totale, un deserto attorno al povero Ministro che avrebbe voluto imprimere una svolta nel modo di concepire il rapporto tra Stato e Cultura, uno Stato che pare essere soggiogato più al Bunga Bunga che ad un autentico desiderio di conoscenza.

“E questo mancato sostegno - sono parole estrapolate dall'epistola - è avvenuto oltretutto nel momento in cui mi sono trovato più in difficoltà, a seguito del crollo di un muro in cemento a Pompei e più colpito dalle iniziative della sinistra, fino alla presentazione di una mozione di sfiducia individuale nei miei confronti, pur non avendo io mai scaricato su altri la responsabilità della mancanza di fondi, che pure è stata l’accusa più frequente rivoltami dalla sinistra. Le vicende del decreto Milleproroghe hanno ulteriormente evidenziato la mia incapacità di mantenere fede agli impegni che avevo preso, e nel richiedere almeno un minimo di coerenza nell’ambito dei provvedimenti riguardanti la cultura. Anche per queste ragioni sono giunto ad una deliberazione definitiva. Il presidente Berlusconi, che non finirò mai di ringraziare anche per avermi scelto quale membro del suo governo nel 2008, sa della mia decisione di lasciare il ministero e affronterà la questione non appena sarà possibile.”

Lascia dunque Sandro Bondi, che decide di dedicarsi alla famiglia e che tiene comunque a sottolinear come non farà mai mancare il suo impegno per ciò che sente essere la sua più autentica vocazione, cioè il lavoro intellettuale e la militanza intesa come solidarietà e crescita comune.

Una sola domanda, dopo esserci asciugati le lacrime: quando cacchio si dimette ?

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