sabato 19 novembre 2011

Goodbye Miracolo Italiano

Nella baraonda di questi giorni, tra spread volanti e pesanti cadute di governo, sta lentamente scivolando nella terra di nessuno una notizia di cui siamo già da tempo a conoscenza ma che riassume in se tutta la drammaticità del momento che l'Italia vive: la chiusura dello stabilimento Fiat di Termini Imerese.


Il 23 novembre 2011 quello che fu lo stabilimento Sicilfiat, costruito con i finanziamenti della regione ospitante, spegnerà definitivamente le sue linee di montaggio mettendo fine ad una storia durata ben 41 anni.

Sembrano passati millenni da quando lo stabilimento sfornò la prima 500 e quando divenne uno dei poli fondamentali della storia della casa torinese; e invece, tristemente, siamo qui a celebrarne il funerale, la fine totale di un sogno chiamato occupazione.

Certo, la discussione sul futuro continua; lunedì, con molta probabilità, conosceremo più a fondo il futuro dell’area (con il subentro della Dr Motor) e delle tante persone (circa 800) che dovrebbero poter usufruire degli ammortizzatori sociali (forse sostenuti da Fiat stessa), ma al di là delle promesse e del piano di Dr Motor, rimane l’amaro in bocca per l’ennesimo stabilimento Fiat che chiude in Italia (ma all’estero prolifica) in un’indifferenza che lascia sconcertati, così come sconcertante fu l’indifferenza per la chiusura di altre realtà quale la Teksid Ghisa a Carmagnola (1999) e, in seguito, a Crescentino.

Quali siano i piani di Marchionne non è dato sapere, anche se la fuoriuscita da Confindustria e i recenti fatti di Mirafiori, Pomigliano e della ex Bertone fanno intravedere un 2012 pieno di paure e di incertezze non solo per i tanti dipendenti marchiati Fiat e per il suo indotto, ma per un Paese che vede lentamente scemare la sua realtà produttiva e la sua capacità di far fronte alle tante, troppe emergenze.

Ci sarà un nuovo contratto (ovvio dopo tutto quello che è successo), nuove promesse, sicuramente nuova Cassa Integrazione e riduzione di personale: tutte cose che, in questo drammatico momento, l’Italia non pare in grado di assorbire.

Per intanto, però, l’ennesimo mattone di quello che fu il Sogno Italiano sta per essere divelto, nella speranza che poi, la stessa sorte, non spetti al resto della costruzione di quella che un tempo era l’immagine industriale dell’Italia nel mondo.

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