lunedì 20 maggio 2013

The End ?


Sintesi finale di un campionato mai esistito che si chiude con due indiscutibili certezze: la superiorità devastante della Vecchia Signora, capace di ridicolizzare per concretezza e continuità ogni avversario e la certezza che, dopo sette anni, l'onda lunga di Calciopoli non sembra ancora essersi sedata.
E’ dunque giunto all’epilogo il "campionato più bello del mondo", quello di tutti fuori dalle coppe europee e sepolto, almeno nel verdetto più importante, con il freddo invernale di gennaio, quando di solito i giochi sono ancora tutti in discussione e il titolo di campione d’inverno proietta sogni e non matematiche certezze. La Signora domina, annichilisce la truppa di avversari apparsa quest’anno più misera che mai malgrado qualcuno voglia farci credere che il nostro calcio goda di ottima salute. Poche luci e tante, troppe ombre, come quella che cala pesantemente sulla lotta per l’ultimo gradino buono per la Champions, meritato dalla Fiorentina e conquistato, con grandi spinte arbitrali, da quel Milan simbolo da troppi anni di un potere oscuro che si pensava erroneamente tutto racchiuso nelle carte telefoniche di Moggi. Lascia perplessi la gestione di questo ultimo scorcio di campionato dove troppi errori hanno favorito la scalata dei rossoneri da non far pensare ad un preciso disegno volto a non far loro perdere l’ultimo treno per l’Europa che conta, con la Viola vittima sacrificale e i vari Bergonzi calati nell’ingrato ruolo di carnefici incapaci e stolti. Non mancheranno le code polemiche, non mancherà chi griderà allo scandalo, ma trattandosi del Milan finirà tutto a tarallucci e vino come lo fu nel 2006, quando la penalizzazione permise alle truppe berlusconiane di sbarcare comunque in Europa.
Spiace per la bella Fiorentina di Montella, forse unica vera nota di freschezza in quest’annata di miserie e povertà, ma giova ricordare quanto sia poco salutare, anche nel calcio, essere acerrimo nemico del Cavaliere.
Ricordata per l’ennesima volta la bella favola di un’Udinese che come l’araba fenice si rinnova dalle sue ceneri (simbolo di come si deve gestire una società con sagacia ed intelligenza), eccoci alle tante, troppe note dolenti, a cominciare dall’Inter sprofondata nello squallore di un’annata tutta da dimenticare.
Pensiamo sia difficile che Moratti, solitamente amante dell’autolesionismo, sia così stolto dal confermare il carneade Stramaccioni, certamente non unico ma principale responsabile del fallimento nerazzurro: lo dicono i troppi infortuni, la confusione tattica, la resa incondizionata che ha spinto nel baratro del nulla una squadra che, svuotata nell’anima da troppe cessioni illustri ed acquisti insensati, benedice l’arrivo del fischio finale che almeno frena la caduta libera verso gli inferi.
Sotto la voce fallimento, oltre al team milanese, ritroviamo anche le due romane con i biancoazzurri crollati sul più bello e i giallorossi vittime del sogno zemaniano (ma chi ci crede ancora?) trasformatosi troppo presto in incubo: loro, però, almeno potranno rifarsi con la Coppa Italia, trofeo mai così ambito come in questi ultimi anni di troppi fallimenti sportivi.
E di fallimento in fallimento, si chiude con il Palermo mestamente traghettato in B e lontano da quei sogni di Champions troppo spesso sbandierati dall’impavido patron Zamparini, pronto forse a convolare verso più consoni e tranquilli lidi ove poter ricostruire un giocattolino da disfare.
Due parole a parte le merita il Torino, bravo a centrare l’obiettivo prefissato in una stagione di chiaro scuri che non lascia presagire nulla di buono per il futuro. Bianchi saluta da bandiera (tre anni fa era il pennone aggredito dagli Ultras al ristorante), Cerci e Ogbonna cercheranno forse la consacrazione in platee più altisonanti, e Cairo che farà ? Continuerà nelle comproprietà, prestiti, parametri zero raccattati nel fondo del barile o cercherà di programmare un futuro più degno al blasone e ad una tifoseria passionale ed unica come quella granata ?
Arriverà l’estate, e solo lei ci dirà qualcosa sul futuro, attraverso l’inutile Confederations Cup (rischiamo una figuraccia ma non ditelo forte) e le solite voci di giocatori che andranno e verranno. Perderemo forse Cavani (tra i pochi autentici fuoriclasse del nostro campionato), faremo ribollire le solite minestre in attesa di nuovi scandali, nuovi errori arbitrali, nuove avventure come quella del Sassuolo.
L’ultima nota la voglio dedicare al figliol prodigo, al talento di Mario Balotelli: spero di non sentire mai più quegli ignobili cori razzisti che ne accompagnano le gesta (non solo le sue, purtroppo), così come spero anche finiscano i tuffi carpiati stile Cagnotto nelle aree avversarie perché in quel caso, e a ragione,  dovranno essere i veri tifosi troppo spesso presi in giro a lasciare inviperiti lo stadio.

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