venerdì 14 giugno 2013

Le Parole Che Non Mi Hai Detto

In questi ultimi, assurdi mesi ne ho lette, sentite viste e postate tante che non basterebbe l’intera enciclopedia Treccani a raccoglierle tutte.
Ho visto di una politica di promesse e ripicche, di franchi tiratori e di ghibellin fuggiaschi, di tasse cancellate e riproposte, di inciuci e false guerre ideologiche così lontane dalla realtà da farmi pensare che viviamo in due mondi paralleli che mai s’incontrano.
Ho visto leader sindacali straordinariamente preoccupati per la situazione, imprenditori che urlano ai quattro venti il loro bisogno di sgravi fiscali per non morire e addirittura un nuovo Papa che parla ai poveri con il linguaggio dei poveri.
Fiumi di parole, scie chimiche disperse nel vento dell’ovvietà, e nulla di ciò che speravo udire da parte di un Paese falsamente moralista e talmente egoista da far finta di cambiare tutto per non cambiare nulla.
Avrei voluto sentire dai signori della politica di rimborsi elettorali rimessi al popolo non a guerra finita (forse), quando le macerie saranno così grandi che non basteranno le ruspe a scavarci dentro; oppure di dire basta a quelle fasulle missioni di pace che generano solo morte o a quelle macchine belliche che stridono con il nostro ripudio alla guerra.
Sarebbe stato un bel gesto di solidarietà ridurre non solo i costi ma anche gli stipendi di lor signori, anche solo per un breve periodo, tanto da ridare fiato a chi non ce la fa più nemmeno con l’ossigeno. Si poteva rinunciare a parte delle pensioni d’oro, mettere moneta contante in circolo ridando un barlume di speranza a chi l’ha ormai affidata ad una corda o ad una tanica di benzina.
Invece niente, come niente è arrivato dai signori imprenditori capaci di cinguettare il solito, inutile motivetto degli sgravi fiscali alle assunzioni quando ben sanno che non si può assumere dove non esiste lavoro, non esiste consumo, non esiste Nazione. Ecco, magari solleticarli su una riduzione, anche minimale, di lauti stipendi percepiti dalle tante sedie su cui posano il loro real deretano, o sul versare le tasse non nella Svizzera verde o in qualche paradiso fiscale, ma qui dov’è radicato il pozzo dal quale attingono la loro ricchezza: ma tutto questo, ovviamente, nessuno se l’è sognato di urlarlo.
E la Chiesa ?  Ora si che parla ai poveri, ma li tiene ben lontano dalle casseforti dello Ior e da quell’8 per mille,  eludendo nel contempo quell’Imu che invece opprime tante normali famiglie. Quando il termine “solidarietà” non sarà più un mero e vuoto vocabolo ? Quando la povertà vissuta da Nostro Signore sarà la quotidianità di tutti quei soloni di porpora vestiti e ricoperti d’oro ?
Ecco le parole che non ho sentito: ma se scendo più in basso e guardo tra di noi continuo a vedere un falso moralismo che tristemente mi fa capire che nulla cambierà. Fatture non emesse, evasori parziali o totali, lavoro in nero per un tozzo di pane raffermo, illusorie promesse di un impiego che sfiora il baratro dello sfruttamento: come si può pensare che chi agisce in quel modo abbia un reale interesse al cambiamento ? Come puoi chiedere alla mano sinistra di essere virtuosa quando la destra sfila impunemente il portafoglio al conoscente, all’amico, al parente ?
Lottare, combattere, mettere a repentaglio te stesso: ma per che cosa ? Per un Paese che ha tradito i propri figli, che li ha lasciati penzolare appesi al vuoto, che li sta di giorno in giorno spingendo verso l’inevitabile burrone ?

Solidarietà, ideali, onestà: parole tratte dalle pagine di un vocabolario consunto che abbiamo ormai dimenticato tra i detriti di uno scantinato in disuso.

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