Sport Illustrated ci aveva assegnato quattro medaglie alle Olimpiadi di Vancouver 2010 e, al momento, stiamo rispettando questo funereo presagio che ci voleva lontani dai vertici della classifica.
Fabris che buca il ghiaccio nella specialità che lo vide trionfatore solo quattro anni or sono, i fondisti che affondano nella neve canadese le loro speranze di successo, gli slittinisti che confermano la scarsa attitudine alla pista omicida di Whistler Mountain. Mancano ancora 6 giorni alla fine della kermesse canadese e, a ben vedere, esistono ancora concrete possibilità per zittire la rivista americana e rafforzare il finora deficitario bottino. Potrebbero arrivare medaglie pregiate dallo sci alpino (e sarebbe ora di vedere qualcosa di concreto dall’oltre Tomba), e dalla gare più faticose del fondo, nonchè una piacevole sorpresa dall’Angelo del ghiaccio, quella Carolina Kostner chiamata a vendicare le sabaude cadute di quattro anni or sono. Va però fatta un’attenta analisi sullo sport italiano, un’analisi che passa da Pechino e scivola verso Vancouver, e che racconta di una realtà italiana che, scherma a parte, vive più sui personaggi che su un’accurata programmazione verso quegli sport considerati, a torto, minori. Certo, biathlon e lotta greco romana non posseggono lo stesso fascino del dio calcio, e soprattutto non regalano facili introiti e veline, ma una nazione sana passa attraverso una buona base culturale e un’attitudine allo sport visto come impegno, sacrificio per raggiungere la meta. Che sia forse giunta l’ora di insegnare ai nostri ragazzi questi valori e di far capir loro che nella sana competizione sta la radice del loro futuro ? E alle strutture deputate di considerare lo sport nella sua totalità e nel suo fascino anzichè come fonte di lucro supportando concretamente quei maestri che potrebbero dar lustro all’italica terra ? Serve una programmazione, e al Coni e allo Stato questo chiediamo noi, amanti delle imprese sportive, con ferma voce.
Fabris che buca il ghiaccio nella specialità che lo vide trionfatore solo quattro anni or sono, i fondisti che affondano nella neve canadese le loro speranze di successo, gli slittinisti che confermano la scarsa attitudine alla pista omicida di Whistler Mountain. Mancano ancora 6 giorni alla fine della kermesse canadese e, a ben vedere, esistono ancora concrete possibilità per zittire la rivista americana e rafforzare il finora deficitario bottino. Potrebbero arrivare medaglie pregiate dallo sci alpino (e sarebbe ora di vedere qualcosa di concreto dall’oltre Tomba), e dalla gare più faticose del fondo, nonchè una piacevole sorpresa dall’Angelo del ghiaccio, quella Carolina Kostner chiamata a vendicare le sabaude cadute di quattro anni or sono. Va però fatta un’attenta analisi sullo sport italiano, un’analisi che passa da Pechino e scivola verso Vancouver, e che racconta di una realtà italiana che, scherma a parte, vive più sui personaggi che su un’accurata programmazione verso quegli sport considerati, a torto, minori. Certo, biathlon e lotta greco romana non posseggono lo stesso fascino del dio calcio, e soprattutto non regalano facili introiti e veline, ma una nazione sana passa attraverso una buona base culturale e un’attitudine allo sport visto come impegno, sacrificio per raggiungere la meta. Che sia forse giunta l’ora di insegnare ai nostri ragazzi questi valori e di far capir loro che nella sana competizione sta la radice del loro futuro ? E alle strutture deputate di considerare lo sport nella sua totalità e nel suo fascino anzichè come fonte di lucro supportando concretamente quei maestri che potrebbero dar lustro all’italica terra ? Serve una programmazione, e al Coni e allo Stato questo chiediamo noi, amanti delle imprese sportive, con ferma voce.
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