
Fabris che buca il ghiaccio nella specialità che lo vide trionfatore solo quattro anni or sono, i fondisti che affondano nella neve canadese le loro speranze di successo, gli slittinisti che confermano la scarsa attitudine alla pista omicida di Whistler Mountain. Mancano ancora 6 giorni alla fine della kermesse canadese e, a ben vedere, esistono ancora concrete possibilità per zittire la rivista americana e rafforzare il finora deficitario bottino. Potrebbero arrivare medaglie pregiate dallo sci alpino (e sarebbe ora di vedere qualcosa di concreto dall’oltre Tomba), e dalla gare più faticose del fondo, nonchè una piacevole sorpresa dall’Angelo del ghiaccio, quella Carolina Kostner chiamata a vendicare le sabaude cadute di quattro anni or sono. Va però fatta un’attenta analisi sullo sport italiano, un’analisi che passa da Pechino e scivola verso Vancouver, e che racconta di una realtà italiana che, scherma a parte, vive più sui personaggi che su un’accurata programmazione verso quegli sport considerati, a torto, minori. Certo, biathlon e lotta greco romana non posseggono lo stesso fascino del dio calcio, e soprattutto non regalano facili introiti e veline, ma una nazione sana passa attraverso una buona base culturale e un’attitudine allo sport visto come impegno, sacrificio per raggiungere la meta. Che sia forse giunta l’ora di insegnare ai nostri ragazzi questi valori e di far capir loro che nella sana competizione sta la radice del loro futuro ? E alle strutture deputate di considerare lo sport nella sua totalità e nel suo fascino anzichè come fonte di lucro supportando concretamente quei maestri che potrebbero dar lustro all’italica terra ? Serve una programmazione, e al Coni e allo Stato questo chiediamo noi, amanti delle imprese sportive, con ferma voce.
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