A volte ritornano, ma le stelle nel cielo non sono sempiterne e la brillantezza del passato sfiorisce cadendo a volte nel ridicolo. Ci provò Mark Spitz, otto ori nella terribile Olimpiade di Monaco, che affondò le sue speranze di rientro vent’anni dopo surclassato dai giovani virgulti del nuoto americano.
Toccò poi a Michael Jordan, il divino, il basket per eccellenza, ma i suoi Wizards non riuscirono a scrollargli di dosso la polvere del tempo. Ora un altro Michael, Schumacher, un’altra leggenda naviga nell’anonimato sulla scia di Alguersuari cercando di rinverdire, a 41 anni, un passato straordinario, tra successi e polemiche, un passato da numero 1. Un passato, appunto, che pare non voler più tornare e che gara dopo gara sbatte sul viso del pilota tedesco una carta d’identità che non mente mai e che lo lascia triste e pensieroso ai suoi ricordi. Forse ci smentirà col tempo, forse tornerà a duellare per un titolo che sembra però lontano anni luce dalle sue possibilità: ma che tristezza vederlo laggiù, lontano dalle zone calienti, uccellato da un Glock qualsiasi a lottare goffamente con macchine che un tempo avrebbe passato almeno quattro volte. Schumi, ci chiediamo, era proprio il caso ?
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