Non sarà ricordato soltanto come il primo Presidente di
colore della storia degli Stati Uniti, ma anche come colui sotto la cui guida è
caduto il nemico principe, il ricercato per antonomasia, l’icona delle tante
guerre che stanno offuscando i cieli di questi nostri pesantissimi anni. Osama
Bin Laden, dopo più di tremila giorni e chissà quante migliaia di morti, è
caduto stanotte in un raid congiunto tra le forze americane e l’intelligence
pakistana in un accampamento di Abbotabad dove sarebbe morto anche il figlio
del terrorista.
10 anni di caccia, 10 anni di guerre sparse per il mondo
alla ricerca del pericoloso terrorista che pareva introvabile, ora nascosto tra
le montagne afghane, ora in terra pakistana, ora chissà dove. Bin Laden invece
giace ora inerme, trivellato di colpi, e non potrà più rappresentare, almeno da
vivo, un pericolo per la nostra libertà.
Spiace, nell’esaltazione indiscussa di questo momento
storico, che con lui rischino di morire i segreti di quell’attentato, le
risposte ai tanti, troppi dubbi che il crollo delle Twin Towers, la
deflagrazione del Pentagono hanno lasciato e continuano a lasciare in chi
proprio non riesce a vedere, nel drammatico e vile gesto terroristico, la sola
mano di Al Qaeda.
40 minuti infernali che seppelliscono, forse
definitivamente, l’angoscia, il terrore che hanno attraversato i nostri cuori in
questi lunghissimi dieci anni ma che non possono cancellare in un sol colpo il
dolore per le troppe vittime innocenti di un sistema politico e di sicurezza
che ha permesso un siffatto avvenimento e per il quale, inevitabilmente,
rimarrà sempre un dubbio: è tutto frutto della perversa e deviata mente del
fondamentalista islamico sunnita ?
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