In questi ultimi, assurdi mesi ne ho lette, sentite viste e postate
tante che non basterebbe l’intera enciclopedia Treccani a raccoglierle tutte.
Ho visto di una politica di promesse e ripicche, di franchi
tiratori e di ghibellin fuggiaschi, di tasse cancellate e riproposte, di
inciuci e false guerre ideologiche così lontane dalla realtà da farmi pensare
che viviamo in due mondi paralleli che mai s’incontrano.
Ho visto leader sindacali straordinariamente preoccupati per
la situazione, imprenditori che urlano ai quattro venti il loro bisogno di
sgravi fiscali per non morire e addirittura un nuovo Papa che parla ai poveri
con il linguaggio dei poveri.
Avrei voluto sentire dai signori della politica di rimborsi
elettorali rimessi al popolo non a guerra finita (forse), quando le macerie
saranno così grandi che non basteranno le ruspe a scavarci dentro; oppure di
dire basta a quelle fasulle missioni di pace che generano solo morte o a quelle
macchine belliche che stridono con il nostro ripudio alla guerra.
Sarebbe stato un bel gesto di solidarietà ridurre non solo i
costi ma anche gli stipendi di lor signori, anche solo per un breve periodo, tanto
da ridare fiato a chi non ce la fa più nemmeno con l’ossigeno. Si poteva
rinunciare a parte delle pensioni d’oro, mettere moneta contante in circolo
ridando un barlume di speranza a chi l’ha ormai affidata ad una corda o ad una
tanica di benzina.
Invece niente, come niente è arrivato dai signori imprenditori
capaci di cinguettare il solito, inutile motivetto degli sgravi fiscali alle
assunzioni quando ben sanno che non si può assumere dove non esiste lavoro, non
esiste consumo, non esiste Nazione. Ecco, magari solleticarli su una riduzione,
anche minimale, di lauti stipendi percepiti dalle tante sedie su cui posano il
loro real deretano, o sul versare le tasse non nella Svizzera verde o in
qualche paradiso fiscale, ma qui dov’è radicato il pozzo dal quale attingono la
loro ricchezza: ma tutto questo, ovviamente, nessuno se l’è sognato di urlarlo.
E la Chiesa ? Ora si
che parla ai poveri, ma li tiene ben lontano dalle casseforti dello Ior e da quell’8
per mille, eludendo nel contempo quell’Imu
che invece opprime tante normali famiglie. Quando il termine “solidarietà” non
sarà più un mero e vuoto vocabolo ? Quando la povertà vissuta da Nostro Signore
sarà la quotidianità di tutti quei soloni di porpora vestiti e ricoperti d’oro
?
Ecco le parole che non ho sentito: ma se scendo più in basso
e guardo tra di noi continuo a vedere un falso moralismo che tristemente mi fa
capire che nulla cambierà. Fatture non emesse, evasori parziali o totali, lavoro in nero per un tozzo di
pane raffermo, illusorie promesse di un impiego che sfiora il baratro dello
sfruttamento: come si può pensare che chi agisce in quel modo abbia un reale
interesse al cambiamento ? Come puoi chiedere alla mano sinistra di essere
virtuosa quando la destra sfila impunemente il portafoglio al conoscente, all’amico,
al parente ?
Lottare, combattere, mettere a repentaglio te stesso: ma per
che cosa ? Per un Paese che ha tradito i propri figli, che li ha lasciati
penzolare appesi al vuoto, che li sta di giorno in giorno spingendo verso l’inevitabile
burrone ?
Solidarietà, ideali, onestà: parole tratte dalle pagine di
un vocabolario consunto che abbiamo ormai dimenticato tra i detriti di uno
scantinato in disuso.
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