Ha ragione Sua Maestà Sergio I a definire
la Fiat un branco di "Nomadi che vanno dove si fanno affari", perchè
di nomadi si deve parlare per un popolo costretto negli ultimi anni a continui
spostamenti di sede.
A parte i carrieristi, quelli che accetterebbero un campo
profugo in Libia pur di scalare le vette della gerarchia aziendale, si apprende
da un articolo del giornale di casa che, entro la fine del 2013, 1800 impiegati
(o quello che resterà di loro dopo l'ennesima diaspora) abbandonerà gli angusti
e costosi open space di Corso Ferrucci per quelli più moderni di Via Plava dopo
aver vagabondato tra gli stabilimenti di origine, zona Corso Dante e Via
Marochetti in meno di un paio d'anni.
Peggio degli zingari, dunque, che almeno
una volta trovata l'area idonea ivi parcheggiano le loro roulottes in attesa
che il comune di turno costruisca loro, gratuitamente, le infrastrutture
necessarie ad una decorosa sopravvivenza.
Siamo felici però di sapere che qualcuno
ha una visione ottimistica di questa vicenda: ad esempio il vicesindaco
Dealessandri, che parla apertamente di buona notizia "dopo l'annuncio dei
due modelli che verranno prodotti e della richiesta di cassa per
ristrutturazione". Ma come: un'azienda richiede la cassa per ristrutturazione
e questo è positivo per il mondo del lavoro ? Un po' come gioire perchè il
Mostro di Firenze si è limitato ad uccidere l'inerme vittima anzichè mutilarla.
Strano il modo di vedere le cose: una Fiat
che perde i pezzi, che si restringe come un panno lavato male giorno dopo
giorno viene salutato con enfasi da chi dovrebbe invece preoccuparsi del futuro
di una città cresciuta e sviluppatasi attorno ad una grande azienda ormai
pronta ad andarsene.
Sono sempre di più le aree dismesse che
tra gli anni 80 e 90 rappresentavano il vanto della famiglia Agnelli e che ora
trasudano desolazione ed abbandono, e saranno sempre di più se i vertici (anzi,
il vertice) di quell'azienda andrà avanti nel suo diabolico piano che è ormai
chiaro a tutti fuorchè alla classe politica locale e nazionale.
“Farewell Italy Anduma via Turin”
sembrerebbe essere diventato lo slogan di quella che è stata, è e dovrà obbligatoriamente e senza tentennamenti ancora
essere il vanto del nostro derelitto Stivale.
Intanto prendiamola con filosofia e
pensiamo che nella nuova sarà più ampio il parcheggio per l’elicottero sul quale troneggia Sua Maestà e che dalla nota del PD torinese una verità emerge
inconfutabile: “L’auto del futuro deve partire da Torino”. Partire si, ma con
destinazione Detroit ?
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