Il nostro futuro è
davvero così triste e buio ? Lo stiamo lasciando in eredità ad una
fiumana di ignoranti che trasformano un verbo in una preposizione
semplice e spargono a caso accenti ed apostrofi senza un minimo di
logica ? A leggere l'accorato appello dei seicento professori
universitari parrebbe proprio di si.
I giovani d'oggi non
conoscono l'Italiano. All'università errori che manco in terza
elementare si vedevano ai loro tempi e un livello di cultura che è
passata dagli aulici sonetti leopardiani alla misera realtà dei
messaggini da Whatsapp.
C'è da stupirsi di tutto
questo ? Sinceramente no, perchè in un tessuto sociale come quello
della nostra amata penisola, dove l'ignoranza è uno strumento di
controllo delle masse, non poteva la nostra lingua non finire nel
calderone delle cose inutili e desuete, surrogata dalla frenesia di
una comunicazione che deve arrivare rapidamente anche a discapito
della forma medesima.
Ma è solo un problema di
giovani universitari barbari e incolti che destabilizzano i neuroni
dei magnifici seicento, oppure ci sono altre reali motivazioni che
quella lettera potrebbe indurre a considerare ?
Non hanno forse
responsabilità indiretta quei docenti, costretti spesso a promuovere
per non perdere la cattedra (meno studenti = meno posti) e che dunque
non attuano quella selezione qualitativa che dovrebbe permettere solo
ai più bravi e meritevoli di emergere ?
E sono forse solo loro
che sui social o altri mezzi di comunicazione feriscono mortalmente
ora un congiuntivo, ora un verbo, ora un apostrofo che non viene solo
inopinatamente posto tra le parole ti amo, ma spesso soppresso laddove
rivendica disperatamente la sua presenza ?
Bisognerebbe fermarsi un
attimo, e pensare che il passato che abbiamo cercato in tutti i modi
di seppellire diversi valori li portava con se.
C'era una televisione,
dei Rispoli e dei Vianello, dove lo sproloquio veniva pesantemente
censurato, dove non volavano “cazzi” e “merde” come le
rondini a primavera, dove i talk show si basavano su concetti e non
sul “vince chi urla ed insulta di più”.
C'erano politici che ti
ammaliavano con le loro parole e anche se non ne condividevi i
contenuti e le idee li stavi a sentire perchè scattava la scintilla
del pensiero e della riflessione e non l'odio o il disgusto che ti
spingono troppo spesso a cambiar canale (anche se poi dall'altra
parte spunta il "tronista" di turno o il famoso isolano che ti impone
di spegnere e dedicarti ad altre faccende).
E la scuola... già la
scuola, quello strano universo che potevi interrompere a quattordici
anni perchè esisteva un mondo del lavoro che forse non ti dava i
congiuntivi corretti, ma un mestiere per vivere quello si. Certo, con
le mani sporche di grasso non saresti mai diventato un Manzoni o un
Montale, ma potevi essere il Manzoni dei fabbri o il Montale dei
lattonieri perchè la capacità manuale si sposava con quel genio
creativo che a volta la scuola non era in grado di far emergere.
E poi i social, quel
mondo virtuale di cinguettii e “belinate” dove anche un cretino
come il sottoscritto rischia di avere una visibilità superiore ai
meriti e dove l'ignoranza sta trovando la sua definitiva
consacrazione.
Giornali, libri, e anche
musica trasudavano cultura: ma se oggi dobbiamo accontentarci del
rapper talentuoso al posto di De Andrè, di un libro della presunta
stellina di turno al posto di Ungaretti o di quattro pagine di gossip
invece dello scritto di un Montanelli, perchè allora attaccare i
giovani quando il vero problema siamo noi che tutto questo lo abbiamo
perduto ?
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